La parola si posava
sulla voce
come seme nelle trame del terriccio,
come arido all’umido,
nido di cotone ai passerotti,
come pelle ad un abbraccio di sconosciuti,
-tremulo di candore saldo,
custode di bellezza, contemplata dentro un brivido-
ritmo all’aritmia
di una sorpresa: sulla stessa lunghezza d’onda.
.
Uno specchio,
concavo convesso
iride soffice d’oro.
.
Si posava
come anima su anima,
scorgersi, adagiarsi:
un atomo di essere, vibrazione stride.
.
Giochi d’ombre,
tepori.
.
Enumero squarci:
calcari di diamante, ancora un’emorragia.
.
La parola si sperde libera,
eco sommerso, un coagulo.
Immagine: “Un volo fantastico” di Carlo Cordua