Ciao
quando ti vedo è estate ed autunno.
Fioriscono catorci di foglie.
Leggerissimi fioccano i fruscii
ciurme migranti col vento.
Sfavillano come un rituale magico.
Il giallo è ocre.
Il cielo è zafferano.
–
Ciao
sei sempre tu e non lo sei.
Non sei mai tu.
I contorni non combaciano, è sbavata ogni forma.
Forse non ci sei mai stato
qui, per queste linee.
Forse in un solo istante d’illusione.
Sei sempre e non sei più.
La tua bianca pelle
dilatata, gelida, i capelli
neri, gli occhi
grandi.
Non ti sento o perduto è il sentirti.
Dove sei? Non mi sento.
–
Sei qui e non ci sei.
Non ci sei mai e ci sei sempre
e “vorrei che fossi qui” è troppo,
soltanto il vuoto dentro il mio respiro,
una litania autonoma.
–
Sono un capo sfilacciato
proteso al miraggio nebuloso
etereo di un non volto, incontro
l’orizzonte in attesa.
Intrise le trame sono pelle,
eppure la muta.
–
Ciao “come stai?” è logoro
di noi, né mi riesce mentirti
pur che sei l’essere più sconosciuto mai avuto di fronte.
Tu, come sempre
tra un sospiro sospeso ed uno raggelato.
Bene, male fa lo stesso.
–
Ciao
dimmi di te: quante domande inutili.
Dovremmo imparare a smettere di parlare, anime.
Anima, sì, il più gran dolore è l’averti perso.
Posso vivere soltanto fingendo di dimenticare.
–
Ciao
puoi anche andare, sei già via.
La notte si spezza nel dubbio
L’alba ne riporta l’odore:
-quale crepa sfilata risuona? Risana o è mortale?
L’hai perdonato?
Sei riuscito a dirgli “Ti voglio bene”?
Puoi anche restare.
Puoi anche andare,
sono già via.
Foto di Susanita