Chiamami
quando l’ombra scende sui tuoi occhi nudi,
sui tuoi occhi neri bambini
spalancati all’abisso, amore puro, costante che appella.
Che sei, timbro della tua pelle.
–
Chiamami
in ogni tempo dell’esserci,
per qualunque sfera dell’esistere,
alle innumerevoli crocevia del cuore:
io risponderò.
Ci sarò che io sia, che non sia. Non conta.
Il senso non è queste parole che con sforzo riesumiamo, custodiamo, ad arte ricamiamo,
nelle gesta tese allo slancio del momento opportuno,
nel ritmo di un respiro a scandire stagioni d’istanti,
della presenza per un’ identità.
Non lo raccoglie un nome o un profilo esposto a percezione, coscienza.
La conchiglia echeggia una nenia.
–
Chiamami
come una filastrocca dalla rima baciata,
la più scontata,
alle stelle stranite di una notte narrate e le nuvole terse di naufrago:
conserve di compagnia al tuo barattolo trafugate,
celate da polvere, dimenticate.
–
Ci sarò e sarò io:
la promessa scambiata di cui ci siamo intessuti.
Foto di OLEG OPRISCO