Tu sei la mia paziente e ridi.
Sei la mia paziente e mi abbracci e mi disegni cuori
e mi racconti il tuo senza domande.
Sei la mia paziente e mi guardi con certi occhi
grandi
e mi prendi le mani per metterci dentro
tutto quello che hai. Speranza.
Ma tu sei la mia paziente e io resto fermo
nella poltrona delle mie nozioni,
nel mantello di distacco che mi hanno insegnato
prima di tutto,
incappucciato di verità tracotanti,
incapace di salvare me stesso.
Tu ridi e io rido,
l’incoscienza delle mani mi fa coordinata,
mentre maneggio la materia di Dio:
la tua carne.