Questo trapasso
Questo valico
Questa freccia saettata da varco a varco,
da nero a nero, muto stridente
Questo vuoto di colori infiniti
traettoria-scheggia che sconosce spalle
da cui voltarsi e trampolino
Questo viaggio e pioggia d’ignoto
e scelta: annegare o saltare onde?
Senz’arresa, senza pace
Questo sentiero incolto e scuro
di selvatiche radici,
di afrodisia e zafferano su cui rincorriamo
una cromia di libellula o tonfo d’usignolo,
prima della curva-lancia
Questi semi gettati di respiro,
di possibilità, esistenza,
chiamano tempo
–
Corda vibra stridore sottilissimo
vibra al palpito, vibra al suo arresto
vibra come un’assenza presentissima
un’assenza folgorante,
stagnante,
fondante
è questo l’Eco: l’esistenza.
Dare vita, lasciare vita.
Sei tu che canti ancora corda
perché l’aria è segno
tagliato da una freccia
che permane, vibra
come rumore di big bang tra universi,
come questo tuo cantare ora, adesso, oltre.
–
Tutto ciò che è stato è:
presente, futuro.
Tutto ciò che è, è:
perché è Tutto.
–
E tu, tu pure, questa sera come sempre
che al tuo nascere segnasti l’astro,
a tuo nome, tu
assenza-presenza di questa esistenza
d’eternità donatami
come le notti in cui ci mutarono l’anima
la tua nella mia,
la mia nella tua.
“Non temere mai, non tremare mai,
il tuo cuore racconti che sono con te”.
Opera di Benedetto Poma