Ancora ti incontro,
in sogno sei segno:
lancinante il suo ritorno,
lacerante il confronto.
Sei segno in me
che nessuna porta chiusa può cancellare,
che nessun silenzio assoluto può estirpare,
a cui nessun contatto interrotto,
per muro di click e di volontà,
potrà mai porre fine.
Lo sai? Ci si fagocita.
Ma non ci si digerisce.
Appellarsi è nutrirsi.
Rievocare è ritornare
quasi sempre nel punto di rottura,
dove si riconosce di essere stati feriti
per essere salvati.
Mi abbracciavi
a sradicare le vertebre
e portare petto a petto,
cuore ad altezza di cuore.
Ce lo scambiavamo senza sapere come
e piangevi per dire:
“nessuno è, oltre la sua ferita”.
Io ti riversavo la mia paura intera
in un flusso unico che giaceva
al fondo muto, come quel verso
di una salvezza momentanea e breve,
a volte trovata, prima di esserci sfumata…
Ormai desta
mi chiedo, qual cosa sia tu
più di me stessa.

Foto e scultura di Estéban Puzzuoli