Sei la mia poesia senza parole.
Fatichiamo giornalmente
per cercare una connessione
tra la cosa e l’espressione,
per dare forma all’emozione
renderla visibile e attraversabile.
Mi pesa dirti che il tuo silenzio ha ragione.
Io non so riferire in me
ciò che resta di te.
Come infinita è la tua presenza
e io in essa sono un continuo ricordo
che si ripete senza potersi convertire.
Io non so cosa trattengo.
Non ho superato nessun abbandono
e ne ho vissuti sempre dove non ci sono
perché non ho mai smesso di cercarmi.
Non ho mai smesso di cercare uno sguardo d’amore.
Gli amici non possono capire
come nel moto di un incontro,
permani non risolto.
Non tutti sanno com’è trovarsi al confine,
l’affidarsi estremo e quel gesto empirico,
disperato del sottrarti al nulla.
Nessuno sa ciò che ci siamo scambiate.
Io non ti vedo bella.
Distinguo bene quella malignità sottile
freddezza
del proteggerci alla vita:
io so che tu per un istante mi hai salvata.
Per un istante solo si salva sempre
e il dovere e l’ambizione si confondono con l’amore:
pelle su pelle si finisce per scambiarsi
non un’essenza, ma un pezzetto di sé.
Per un istante solo si salva sempre
quando per salvare è necessario dimenticare
noi stessi, rinunciare a preservarci.
E si salva e si ferisce
perché è impossibile non prendere parte
al gioco del male, materia del reale.
Mi pesa dirti che hai ragione:
vale più il gesto delle parole,
anche quando s’arresta.
Ma io non so che sentirti
e continuare a custodirti
nel luogo più prossimo a ciò che curasti.

Opera di Tiziana Cera Rosco, First Heart